L’assegno di invalidità si riceve a fronte del riconoscimento di una disabilità e del rispetto di un requisito reddituale. Su questo punto urge un chiarimento.
Può capitare che l’INPS commetta un errore e neghi l’erogazione dell’assegno di invalidità motivando il rifiuto in maniera non corretta. Ma quando lo stesso errore è commesso dalla Cassazione è troppo.
Una normativa esiste ma INPS e Cassazione troppo spesso la dimenticano. La storia di un cittadino che si è visto respingere ben due volte il riconoscimento dell‘assegno di invalidità pur avendone diritto parla chiaro. Bisogna prestare maggiore attenzione alla Legge e, soprattutto, non dimenticare le regole che disciplinano il trattamento. Il problema nasce in merito al requisito reddituale da rispettare per poter rientrare tra i beneficiari della prestazione. Ricordiamo che l’assegno di invalidità viene erogato ai cittadini che rispettano determinati requisiti sanitari riconosciuti da una commissione medica incaricata INPS e che percepiscono un reddito inferiore a 17.050,42 euro se invalidi totali, ciechi civile e sordomuti e a 5.010,20 euro se invalidi parziali e minori. La confusione si crea in riferimento alla tipologia dei redditi ossia al conteggio personale o coniugale (o familiare). Ebbene, la normativa parla chiaro. A concorrere al calcolo del reddito sono esclusivamente i redditi personali della persona con invalidità.
Il Tribunale di Brindisi prima e la Corte di Appello di Lecce poi hanno respinto la richiesta di un cittadino di ottenimento dell’assegno di invalidità. Il rigetto è stato giustificato dalla mancata soddisfazione del requisito reddituale. Più precisamente, nella sentenza si legge “… il reddito dell’interessato, cumulato con quello del coniuge superava i limiti di legge fissati ai fini del riconoscimento della prestazione“. Un evidente errore, una decisione priva di ogni fondamento normativo che è stata successivamente confermata dalla Cassazione. Per la seconda volta, il cittadino si è visto respinta la domanda a causa della cumulabilità dei redditi.
Conoscendo la normativa, il richiedente non si è arreso. Ha presentato ricorso in Cassazione denunciando la violazione e la falsa applicazione della Legge da parte dell’INPS in primis e poi dei magistrati di primo e secondo grado. Il Decreto Legge di riferimento è il numero 663 del 30 dicembre 1979, articolo 14 septies, comma 5 avvallato da altre disposizioni normative.
La Legge parla chiaro, per il riconoscimento dell’assegno di invalidità occorre conteggiare – con riferimento al requisito reddituale – unicamente il reddito personale del richiedente e non quello del coniuge o di altri familiari conviventi. Appurato ciò che la normativa chiaramente afferma e facendo riferimento ad alcune pronunce dell’Alta Corte, alla fine i giudici della Cassazione hanno accordato al richiedente il diritto all’erogazione dell’assegno di invalidità.
Qual è la morale della storia? Non importa chi dice “no”. Se si è convinti delle proprie ragioni perché scritte nella normativa italiana bisogna farsi ascoltare anche se questo significherà arrivare ad interpellare i giudici di terzo grado. Tutti sbagliano, anche l’INPS e i magistrati.
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