La felicità, quella vera, si può realmente raggiungere? Secondo uno studio di Harvard lungo 75 anni la risposta è “sì”.
Se vi chiedete quanta distanza ci sia tra voi e la felicità state per scoprirlo prendendo come riferimento un lunghissimo studio di selezionati ricercatori.
Cos’è la felicità? Difficile dare una risposta univoca, non ci sono riusciti i filosofi a generalizzare il concetto potremmo mai riuscirci noi. Appagamento? Realizzazione dei desideri? Desiderare qualcosa che non si ha, per Sant’Agostino. Esercitare liberamente il proprio ingegno, a parere di Aristotele. Ognuno di noi ha un’idea di felicità utopica, un sogno che rappresenta un momento in cui si presuppone si possa essere felici. Che poi, se non si ha mai avuta la percezione di questo essere felici come possiamo immaginare ciò che ipoteticamente ci renderebbe felici.
Meglio non pensarci, meglio non credere che una particolare condizione possa realizzarci perché se così non fosse sopraggiungerebbe la tristezza, altro che felicità. Scientificamente parlando si dice che la condizioni di essere felici si trova nel DNA. Alcune persone sono più predisposte di altre; meno del 50% della ricerca dell’appagamento è sotto il nostro controllo e il 40% della trovata felicità è frutto proprio delle nostre scelte. Ma dove si trova questa letizia?
La felicità secondo lo studio di Harvard
L’Harvard Study of Adult Development ha condotto uno studio lungo 75 anni per cercare di capire dove risiede la felicità. Dal 1938 sono stati seguiti dall’adolescenza in poi 724 persone di diversa estrazione sociale compreso il Presidente John F. Kennedy. I dati raccolti – informazioni personali, sulla salute, sull’equilibrio mentale ed emotivo – sono stati poi analizzati rivelando fondamentalmente due principali cause della felicità di cui una di poco superiore all’altra.
Ebbene, tenetevi forte, si è felici quando ci sono solidi legami affettivi. Secondo gli studiosi l’isolamento è disturbante sull’umore mentre i legami personali creano stimoli mentali ed emotivi che agiscono positivamente sull’indole. Lo studio ha dimostrato una correlazione molto forte tra l’appagamento e i rapporti solidi con la famiglia, gli amici, il partner. Per essere veramente felici, dunque, bisognerebbe allontanare tutte le persone “tossiche”, che hanno un influsso negativo sulla propria vita.
La seconda causa della contentezza
I ricercatori hanno rivelato una seconda strada per essere felici, vivere secondo un atteggiamento esistenziale che si basa su un unico presupposto, non preoccuparsi delle piccole cose. Lasciarsi scivolare addosso fatti secondari, le banalità della vita concentrandosi su ciò che è veramente importante.
Perché rinunciare a fare ciò che piace per timore di un giudizio altrui? Ti piace cantare ma sei stonato? Non importa, canta. Vuoi ballare ma non sei capace? Iscriviti ad un corso di danza. Le rinunce a lungo andare tolgono tempo alla felicità e privarsi di attimi di appagamento può significare dimenticare cosa significhi sentirsi bene ed essere così trascinati in un baratro di solitudine. E allora via le piccolezze per dare spazio alle vere fonti di piacere. Non dimenticando di allargare la rete di conoscenze in modo tale da unire le due cause di felicità.